Posts Tagged ‘moda’

Il vecchio segue al nuovo. Oppure no.

3 Maggio 2013

Nel tornare alla normalità le cose hanno fatto un salto all’indietro.
Ed io, io non so se sono ancora pronta ad affrontare questa nuova (apparente) piega.
Restare a pensare giova a poco e non è ciò di cui ho bisogno. Lascio andare il cuore e, come sempre, il tempo.
Intanto aziono la lavatrice. Il girare centrifugo del cestello mi ricorderà che non sono l’unica a vorticare e, forse, mi regalerà qualche ora di confusione, al cui interno non dover per forza trovare un filo logico. Ciò che è certo è che mi costringerà a restare in casa, a pacare il mio corpo irrequieto, a fare meno di quanto in realtà la mia mente cogiti.
E mi permetterà di perdermi, di allontanarmi dal tanto pensare. La testa si lascerà andare ai rumori, allo scrosciare dell’acqua, all’intrecciarsi e al divincolarsi impazzito dei vestiti all’interno dell’oblò. A volte, dalla razionalità, bisogna prendere un po’ di distanza.

Ché ieri ero troppo nervosa, fuori sede, affamata e bisognosa di un amico vicino.

A Natural Experience of Life

18 Maggio 2011

L’idea di aprire un secondo blog mi balenava nella mente già da un paio di settimane.

Complice forse anche la bravura di una blogger statunitense conosciuta un paio di mesi fa tramite Twitter, Smilinggreenmom, la quale affronta con simpatia ed ironia le più disparate tematiche EcoFriendly, ho pensato che la mia voglia di parlare di alimentazione e nutrizione, di maternità, di stile, di moda, di rispetto ambientale e, più in generale, di tutto ciò che riguarda ciò che io definisco OrdinaryLife, non poteva essere racchiuso in Eleonora Teragnoli’s Blog (che comunque continuerò a far esistere e che reputerò sempre il mio gioiellino di scrittura più grande), ma doveva vivere di vita propria in uno spazio a lui tutto dedicato.

Così, sempre sulla piattaforma WordPress, è nato A Natural Experience of Life.

Spero di ritrovare voi tutti anche lì.

Green Hugs 🙂

Intimo, piccolo, gesto d’amore

2 Maggio 2011

C’è che ogni tanto mi critico. Ma in fin dei conti mi amo. Mi amo davvero parecchio. E ogni volta che ricorre il mio compleanno, il regalo più bello è quello che mi faccio da sola. Mi prendo tutto il tempo di cui ho bisogno, valuto non più secondo necessità, ma secondo goduria, volontà e sfizio da togliermi, sassolino da estrarre dalla scarpa, finalmente, secondo quello che io definisco l’ottavo vizio capitale: la cupidigia!

Ora c’è che il 12 agosto dell’anno scorso, data del mio ultimo compleanno, ero incinta. E sentivo il mio corpo cambiare sotto la pelle ora dopo ora. Lo sentivo modificarsi, svilupparsi, dimagrire improvvisamente, poi riprendersi, gonfiarsi un po’, per poi tornare quello di sempre. Le mani cambiavano di giorno in giorno, e il mio umore non era il pomeriggio quello che era nato al mattino. Non avevo lo stimolo giusto a scegliere per me quel dono consueto, quell’intimo gesto d’amore tanto atteso. Il regalo più importante ce l’avevo dentro. E non avevo bisogno di altro.

Adesso c’è che però ho partorito da due mesi. Ho perso 11 kg dei 7 presi in gravidanza. E anche se la matematica non è un’opinione, non vi state sbagliando. La differenza tra i kg presi e quelli persi è un numero negativo: sono più magra di quando sono rimasta incinta. 58 chili circa per quasi un metro e 65 di altezza. Mi sento abbastanza in forma (anche se per deformazione, o malattia, non mi vedo mai abbastanza magra) e ho voglia di concedermi quel regalo che sto aspettando, e che mi sta aspettando, buono buono e in silenzio, in un angolo del cuore e in un anfratto dell’anima, da ben ormai una decina di mesi.

C’è poi che in questo periodo (un bel po’ di tempo in realtà) sono fissata con il vintage. E dopo aver acquistato una pochette a goccia di stoffa plissettata color marrone acido, con catena come manico e rose di stoffa incollate a caldo, l’oggetto del mio desiderio è un medaglione retrò, a fondo nero e bordo di bronzo, con fiori avorio in rilievo realizzati a mano. L’ho trovato su un sito vintage olandese e non sono granché disposta a lasciarmelo scappare (unico intoppo al momento è cercare di capire come si dica in olandese “aggiungi al carrello” e procedi con l’acquisto”).

Allo stesso tempo c’è un paio di zeppe di 7 cm in similpelle scamosciata, color verde smeraldo con fiocco viola provenienti da un negozio online americano che mi piacciono da morire. E ancora c’è un cardigan doppiopetto a strisce bianche e nere in stile anni ’60 che mi fa altrettanto impazzire.

C’è che non posso prendere tutte e tre le cose, perché altrimenti non si tratterebbe più di quel personalissimo regalo che ci tenevo a farmi.

C’è allora che se qualcuno volesse consigliarmi, sarei lieta di ascoltare il suo parere 🙂

Via sciarpe, calze e ricordi.

21 ottobre 2010

Ho passato la mattinata a tirare fuori le sciarpe invernali dalle buste di cellophane in cui le avevo, devo ammettere, abbastanza disordinatamente, infilate la scorsa primavera.

Ne ho buttate tre, anzi due (una sta ancora aspettando di sapere che ne sarà del suo destino)… E quest’anno, per la prima volta, non mi sono meravigliata dell’enorme mole occupata da quegli ammassi di lana filata. Per la prima volta, non ho esclamato: “Uh, guarda… Avevo dimenticato di avere anche questa sciarpa. Natale 2006?”. Perché sono già un paio di stagioni che mi sono imposta una ferrea cernita…

Troppe volte, infatti, mi è parso che il mio armadio fosse come un’enorme stiva. Una montagna di roba tra maglie, pantaloni, calzini, cappotti e accessori, il 50% dei quali non più utilizzati dagli immemori tempi che furono: questo dispiace buttarlo, questo è stato un regalo gradito (anche se è orrendo), quest’altro può tornare utile tra qualche tempo (probabilmente 10 anni), quando la moda avrà compiuto il suo ennesimo e faticoso moto di rotazione e rivoluzione attorno al Sole…

Troppe volte, mi è parso che il mio armadio fosse come un’enorme stiva… di ricordi. Tempi passati, volti sbiaditi, esperienze cicatrizzate o ferite ancora aperte. Tutti lì ammucchiati, nell’attesa di tornare ad essere di moda, o nella speranza di diventare finalmente troppo stretti per i miei fianchi larghi o troppo grandi per il mio fisico asciutto.

Troppe volte, mi è parso che il mio armadio fosse un’enorme stiva… di ricordi… inopportuni. Per quanto ancora avrei dovuto continuare a rimpiangere, a rimproverarmi o a soffrire per certe cose. Per quanto ancora avrei dovuto conservare lo strascico di situazioni che minacciavano di piegare la mia forza.

Da un paio di stagioni ho tirato fuori dalle buste di cellophane tutti i ricordi sgradevoli, debilitanti, inutili. Se ne sono andati a finire nell’apposito contenitore della Caritas insieme alle maglie, ai calzini, alle scarpe, alle borse e alle sciarpe non più utilizzate da tempo, anche quella tutta colorata che mi ha regalato S., che come un arcobaleno, dopo tanto colore, si è estinto in una strana monocromia.