Ho passato la mattinata a tirare fuori le sciarpe invernali dalle buste di cellophane in cui le avevo, devo ammettere, abbastanza disordinatamente, infilate la scorsa primavera.
Ne ho buttate tre, anzi due (una sta ancora aspettando di sapere che ne sarà del suo destino)… E quest’anno, per la prima volta, non mi sono meravigliata dell’enorme mole occupata da quegli ammassi di lana filata. Per la prima volta, non ho esclamato: “Uh, guarda… Avevo dimenticato di avere anche questa sciarpa. Natale 2006?”. Perché sono già un paio di stagioni che mi sono imposta una ferrea cernita…
Troppe volte, infatti, mi è parso che il mio armadio fosse come un’enorme stiva. Una montagna di roba tra maglie, pantaloni, calzini, cappotti e accessori, il 50% dei quali non più utilizzati dagli immemori tempi che furono: questo dispiace buttarlo, questo è stato un regalo gradito (anche se è orrendo), quest’altro può tornare utile tra qualche tempo (probabilmente 10 anni), quando la moda avrà compiuto il suo ennesimo e faticoso moto di rotazione e rivoluzione attorno al Sole…
Troppe volte, mi è parso che il mio armadio fosse come un’enorme stiva… di ricordi. Tempi passati, volti sbiaditi, esperienze cicatrizzate o ferite ancora aperte. Tutti lì ammucchiati, nell’attesa di tornare ad essere di moda, o nella speranza di diventare finalmente troppo stretti per i miei fianchi larghi o troppo grandi per il mio fisico asciutto.
Troppe volte, mi è parso che il mio armadio fosse un’enorme stiva… di ricordi… inopportuni. Per quanto ancora avrei dovuto continuare a rimpiangere, a rimproverarmi o a soffrire per certe cose. Per quanto ancora avrei dovuto conservare lo strascico di situazioni che minacciavano di piegare la mia forza.
Da un paio di stagioni ho tirato fuori dalle buste di cellophane tutti i ricordi sgradevoli, debilitanti, inutili. Se ne sono andati a finire nell’apposito contenitore della Caritas insieme alle maglie, ai calzini, alle scarpe, alle borse e alle sciarpe non più utilizzate da tempo, anche quella tutta colorata che mi ha regalato S., che come un arcobaleno, dopo tanto colore, si è estinto in una strana monocromia.