Vendetta

25 agosto 2018

Pur sempre l’ultima erede di una manica di uomini senza coscienza, efferate bandiere di guerra, assassini di anime. Lingue veloci come sciabole, sciabole taglienti come lingue.

Cosa resta dei miei Padri, dei bollori e degli ardori. Cosa resta dell’orrore, delle armi e delle battaglie. Per i secoli a venire, tutto ciò che la mia Famiglia ha cercato é stato solo un po’ di pace. Dimenticare gli orrori, il dolore e tutte quelle lacrime inutili.

Vedi, è stato quando abbiamo abbassato le armi che la Vita s’è accanita. La chiamano Provvidenza, la chiamano Giustizia. Ma rimediando al Male ti fotte il Bene. Perché il Male lo sai usare, ma il Bene non lo conosci.

Abbiamo sbagliato. Scrollo le polveri dall’orgoglio. La coscienza è un fatto privato.

Oggi, io risuscito i miei Padri. E cerco la Vendetta.

Finché avessi visto la pinna, non sarebbe successo niente

19 giugno 2016

Quando, ormai diversi anni fa, una pinna grigia mi nuotò intorno per qualche minuto prima che qualcuno si arrischiasse a tirarmi fuori dall’acqua, ero solo una bambina. Eppure, ricordo ancora il senso di impotenza, il vuoto intorno e l’impalpabilità della salvezza. Nel tempo, ho smesso di chiedermi “come sarebbe andata se…”, ma non ho mai superato la paura del mare. Ho imparato a nuotare grazie a mia madre, ostinata e caparbia, ma l’angoscia mi prendeva anche in piscina. Con la spudoratezza tipica dell’adolescenza ho fatto qualche bagno e finto di divertirmi, ma con la più cauta e responsabile età adulta, non ne ho più voluto sapere.
Mi è capitato di ripensare all’accaduto ieri sera, come del resto ogni anno quando arriva l’estate.
Da quell’esperienza non ho imparato granché. Dalle esperienze non si impara mica poi tanto spesso. Fosse vero il contrario, non sarebbe solo dal nuotare in mare che mi sarei guardata, ma da tante altre cose che sempre mi hanno fatto a pezzi e mai smetteranno.
Mi coccolassi almeno un po’ quanto negli anni ho coccolato la paura, oggi sarei molto più serena.

La mia Roby ne sa

26 aprile 2016

E niente. C’è questo difetto nel mio carattere a cui non riesco a ribellarmi. C’è da sempre, dal mio primo giorno sulla Terra, dalla prima volta che m’ha pianto il cuore e il dolore è scivolato via dagli occhi. Esiste da quando esisto, e credo che un giorno mi ucciderà.

Dicevo, c’è questo difetto nel mio carattere che si chiama “speranza”, (ma sarei più corretta se dicessi “attaccamento morboso, accanimento terapeutico basato sulla speranza”), che per quanto ogni volta io perda tutto, si ostina a non abbandonarmi, a stringere i denti al posto mio, a muovermi i palmi delle mani e a rialzarmi da quell’asfalto che invece abbraccerei con amore (ah, asfalto, spiaggia dopo l’ultima spiaggia, tirami giù e dammi pace eterna).
“Sei tosta, Ele. Qualsiasi brutto male si nutra del tuo benessere, devi contrastarlo con l’allegria. Fottilo col sorriso”, mi dice la Roby. E io penso che da quando l’ho ritrovata non voglio perderla neanche un giorno. Seguo il suo consiglio anche se, obiettivamente, non ho un cazzo di cui sorridere. Abbraccio la mia pelle pallida, il mio colorito insano e le occhiaie pronunciate. Prendo nutrimento da un bacio, non bado ai chili che se ne vanno e cerco la speranza (che palle, sempre lei!) affinché un giorno tutto passi, e questo dolore che ho dentro capisca che non sono da buttare. Non ancora.

Ninetta mia, morire di Maggio, ci vuole tanto, troppo coraggio

20 luglio 2015

A morire, ero già morta a Maggio. Mi spezzò il cuore l’ultimo bacio dell’uomo di un’altra. E c’è poco da giudicare (no, non dite che tanto “al giorno d’oggi”… “sono di mentalità aperta” e tutte le stronzate del genere, perché lo so che state già giudicando). L’attrazione è attrazione e lui aveva uno dei sorrisi più belli ch’io avessi mai incontrato.

A morire, son morta di Maggio, dicevo, quando cercando di ricominciare a vivere mi son lasciata spappolare il cuore (un’altra volta) in 25mila parti tutte uguali. Un bicchiere infrangibile, colpito da un cecchino infallibile.
P. m’ha spappolato il cuore. Ha perso la testa per me, poi sotto l’ascia del boia c’ha messo la mia. Non ero in guerra, ma si sa, alla fine di un conflitto quelli che continuano a morire sono coloro ai quali manca un giorno al rientro. Salvate il Soldato Ryan…

Ad ogni modo, la cosa positiva dell’avere un cuore già spappolato (e di non averlo mai rimarginato) è che nessuno può piombare nella tua vita e così, all’improvviso, mandartelo in frantumi. C’è poco da fare zio, hanno già sfondato la porta.

Il problema, addirittura, non è avere un cuore che sta una merda, ma incontrare qualcuno che potrebbe (potenzialmente) risanartelo, predisponendolo a un nuovo dolore. Perché tanto da coglioni, fidati che ci ricaschiamo.

Questo è il motivo per cui quando ti ho incontrato non riuscivo a lasciarmi andare. Ed ero paranoica più di te. Ti trovavo (ti trovo) più o meno perfetto, ma se mi fossi lasciata curare poi avrei dovuto accettare l’ennesimo rischio.

Così, non hai fatto in tempo a risanarmi il cuore (e un po’ stata anche colpa mia), ma sotto la coltre di neve che ghiacciava ogni cosa, avevi accesso una flebile fiamma.

Per cui, ti dico… grazie d’aver meritato (oggi, e non domani) il mio vaffanculo!


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