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Vene di ghiaccio, cuore di iceberg

18 ottobre 2011

L’unica cosa brutta dell’essere molto magre è che il freddo diventa a un tratto terribilmente insopportabile. Ti entra dentro e ti sfracella i muscoli, ti spezza le ossa. Ti gira e ti rigira tra le vene e le coperte molto spesso non bastano.
Tu ti accorgi della differenza e non puoi spiegarla. Non puoi giustificarla. Devi tacere perché t’avevano avvertita. E’ così che funziona. E’ così che cercano di convincerti che l’argento è preferibile al platino. Ed è così che si insinua il dubbio: è veramente inutile prendersi cura di qualcosa che, tanto, ha la netta intenzione di abbandonarci?

Fiori di Bach

6 luglio 2011

Che cosa paradossale, quando si ha troppo da fare, il riuscire a fare tutto tranne ciò di cui si ha veramente bisogno.

Sì. Lo penso anch’io. Lavoro troppo. Troppo. Davvero troppo.

E spesso lavoro troppo anche mentre tu sei sveglia.

Io te l’ho promesso. E ogni promessa è debito.

Allora stasera t’ho portata con me. E ti si è scombussolato un po’ il sonno, ma almeno siamo state tanto tempo insieme. Tu tra le mie braccia. Io ad ascoltare il tuo profumo.

Come tutti i giorni del resto, sì. Sai che non amo delegare ad alcuno il mio lavoro di mamma. Ma è che hai ragione tu… in mezzo in una maniera o nell’altra c’è anche il mio lavoro di donna.

E t’ho portata anche al centro commerciale oggi. Dove ho comprato i fiori di Bach, che, dice “fanno ritrovare l’armonia tra il corpo e la mente”.

Forse funzionano. Forse no.

Ma io stasera l’armonia un po’ l’ho ritrovata.

Vuoi dormire nel lettone di mamma, tesoro?

In fondo il tempo cos’è…

12 Maggio 2011

Immaginare la mia vita senza il lavoro mi è sempre sembrato impossibile. Mi sembra impossibile tuttora, ad onor del vero. La realizzazione professionale fa parte di me. Chiedetemi di smettere di lavorare e diventerete automaticamente miei nemici. Il mio compagno ci ha provato qualche volta (non per sacrificarmi a una vita da casalinga, ovviamente, ma per vedermi un po’ meno stressata, soprattutto quando ero incinta della piccola Amaranta). Non ci è mai riuscito.

Lavorare mi piace. Mi fa sentire realizzata. Mi fa sentire in carreggiata (che è ben diverso da “in carriera”, cosa che onestamente mi interessa in maniera relativa). Mi piace il modo in cui un servizio diventa denaro. E mi piace vedere in che quantità il mio servizio diventa denaro. Mi piace misurare in base ad esso la qualità del mio operato. Mi piace far parte di un’economia che gira. Mi piace avere un programma da rispettare, un’identità in cui rispecchiarmi, un motivo per cui essere costantemente soddisfatta. Non mi dispiace, infine, potermi permettere qualcosa in più, non dover pensare a quella spesa di troppo.

Insomma, il lavoro mi nobilita. E anche se non mi “nobilita” proprio in quantità esorbitanti, mi piace che sia parte integrante di me.

Arrivata a Maggio, però, mi sento stanca… Mi sembra che non ci siano più obiettivi da perseguire e che potrei, o dovrei, gettare la spugna da un momento all’altro per godere del meritato riposo.

Proprio due giorni fa mi hanno proposto un progetto interessante, scongiurandomi di portarlo a termine in maniera più che soddisfacente, Scongiurato… Ecco, già il fatto che mi abbiano scongiurato avrebbe dovuto infiammare il mio ego e incentivarmi a mettere la quarta marcia. Invece non ho raccolto la sfida (io che amo, e vivo per le sfide). O meglio, ho accettato la proposta di lavoro, ma ho sperato da subito che le cose divenissero un po’ più interessanti.

So che porterò a termine il mio compito. E so che lo farò bene, come sempre. Ma credo di aver bisogno di riposare. Per non trascurare il mio corpicino, le persone che amo e quelle che credono in me affidandomi del da fare.

Proprio oggi sono arrivata a ripromettermi e a giurarmi che non avrei più privato Amaranta di un minuto insieme a me. Sono una mamma sempre presente, lo so. Poche volte, ma qualche volta, però, lottare contro il tempo che corre veloce mi ha portata a delegare l’orsetto Rupert e il pulcino Pio di farla addormentare al posto mio. Poche volte, ma  qualche volta, ho chiesto a mia mamma di spingere la carrozzina. Ecco, non dovrà succedere più tanto spesso, per via del lavoro.

Preferirò, almeno fino all’inizio delle ferie, fare tardi, consegnare i pezzi con un giorno di ritardo e aggiornare questo blog qualche ora dopo.

Anche perché il tempo in fin dei conti cos’è, se non la cosa al mondo maggiormente impalpabile e più grandemente relativa, che tanto ci toglie e poco ci da…

That God blesses the Monte Cristo

10 Maggio 2011

Tutti sanno quanto io sia fissata con un’alimentazione il più possibile corretta e salutare e quanto io ritenga importante seguire uno stile di vita sano che parta proprio dalla tavola. Non è un mistero per nessuno il mio odio nei confronti degli additivi e dei conservanti, delle merendine e dei grassi di qualunque tipo. Tutti sanno che rifiuto il 90% dei fritti che mi passano davanti e che mangio quasi del tutto scondito (persino l’insalata, sì). Ingerisco pochissime calorie al giorno, e, salvo compleanni e occasioni speciali, non mangio dolci né schifezze. Niente pane bianco, niente pan carré, niente mayonnaise né ketchup. Zero cibi in scatola o verdure sott’olio.

Cosa mangio? Mah… Tante cose, ma buone. Cerco di fare la brava. Frutta, verdura, non più di 50 gr di pasta o pane al giorno, formaggi freschi, pesce, latte o spremuta a colazione, pochissima carne (principalmente bianca) e un pizzico di sale. E mi sento bene. Bene con me stessa e col mio corpo. Bene in mezzo agli altri e all’interno di questa società a tratti spietata. Perché siamo quello che mangiamo e il nostro corpo è un contenitore. Proprio per questo dobbiamo stare attenti a come lo riempiamo. La cura che usiamo nei suoi confronti la dice lunga sul livello di stima che proviamo per noi stessi e il modo in cui mangiamo è semplicemente ciò che noi definiamo “la quantità di bene che ci vogliamo”.

Tutto quello che vi ho appena raccontato su di me è assolutamente vero. In ogni modo, seppur dopo tutto questo discorso, se capito a Covent Garden, un Monte Cristo me lo mangio!

Traduco direttamente dal sito web The Londonist, da cui ho tratto la notizia che sto per riportarvi.

“Il monte Cristo è una reinterpretazione del Croque Monsieur, ma invece di essere formato da un del tutto rispettabile prosciutto grigliato e da pane bianco al formaggio, questa bomba calorica è prima inzuppata nell’uovo sbattuto e poi fritta. Per completare il tutto, è generalmente ricoperta di zucchero a velo e servita con la marmellata. La nostra curiosità circa le origini del Monte Cristo ha trovato risposte di scarso rilievo. Così ci piace pensare che un cuoco coi postumi di una sbronza recente abbia confuso l’ordine di un turista francese a abbia deciso di mischiare un Croque a un French Tost. Da allora tale sandwich verrebbe servito così. Alcune varianti salate includono mostarda, sottaceti e ketchup. E il dolce potrebbe essere ancora più originale tramite l’uso di marshmallow, sciroppo d’acero, burro d’arachidi, patatine fritte e banane”. Dove? Da Joe Allen a Covent Garden!